Paolo Emiliozzi

La prostata è una ghiandola del sistema riproduttivo maschile, con la forma e le dimensioni di una grossa castagna. Il peso della ghiandola normale è di circa 20-25 grammi. La sua funzione fisiologica è la produzione di secrezioni che contribuiscono ad una quota del liquido seminale, tra il 15% ed il 50% del totale. La prostata è situata immediatamente sotto la vescica, che è un serbatoio muscolare il cui compito è l´accumulo delle urine prodotte dai reni, e la successiva espulsione delle urine all´esterno attraverso il canale uretrale. Il primo tratto dell´uretra, come dentro un imbuto, attraversa la prostata.


Carcinoma Prostatico

Il carcinoma prostatico e´ il tumore maligno più comune per l´uomo nei paesi occidentali (29% di tutti i tumori) ed è il secondo tumore come causa di morte nel maschio (13% di tutti i tumori) dopo il cancro del polmone . Ad ogni modo, la storia naturale del tumore può essere lunga. Circa un uomo ogni 6 avrà una diagnosi di cancro prostatico, anche se la mortalità per cancro prostatico è del 3%. Si può valutare quindi che solo il 20% circa dei pazienti con cancro prostatico moriranno di malattia, mentre l´80% moriranno con la malattia, ma di altra causa. Ad 80 anni di età circa il 20-40% degli uomini ha un focolaio di tumore prostatico. Il rischio di sviluppare un tumore della prostata sembra aumentare con una dieta ricca di grassi. Recentemente è stato dimostrato per la prima volta che un virus potrebbe agire da promotore nella genesi del cancro prostatico.Il decorso naturale della malattia è soprattutto dipendente dal grado del tumore (quanto le cellule tumorali siano simili o differenti dalle cellule normali della prostata). Il tumore prostatico ha un tipo di classificazione del grado (dell´aspetto microscopico delle cellule, più o meno distanti dalle caratteristiche delle cellule normali) diverso dagli altri tumori: il Gleason score. Si tratta di un sistema di punteggio che va da 2 a 10, ma recenti convegni hanno valutato che in realtà è opportuno usare nella tipizzazione istologica solamente , il Gleason 6 (classe di rischio 1), il Gleason 7 = 3+4 (classe di rischio 2),  il Gleason 7 = 4+3 (classe di rischio 3), il Gleason 8 (classe di rischio 4), il Gleason 9-10 (classe di rischio 5). La mortalità per cancro prostatico a 15 anni, se non trattato con terapia definitiva, è del 9% per i bassi gradi, del 28% per i gradi intermedi ed il 58% per il gradi elevati della malattia. 

Quando la malattia non è curata in pazienti più giovani, la aspettativa di vita diminuisce di 4-5 anni nel grado intermedio e di 6-8 anni nel grado alto. In pazienti più giovani di 65 anni con malattia localizzata (non diffusa ai linfonodi, alle ossa o ad altre sedi distanti) e non trattata, il 65% è destinato a morire di tumore. 

Recentemente è stata introdotta la sorveglianza attiva. In pazienti con tumore non palpabile, con PSA inferiore a 10 ng/ml , con malattia di basso grado (Gleason score non superiore a 6, 3 3), e con non piu di due prelievi bioptici positivi per cancro, può essere offerta la possibilità di un controllo clinico della malattia, al fine di procrastinare od evitare addirittura l'intervento chirurgico. Tali pazienti vengono seguiti con esplorazioni rettali e PSA seriati, con ripetizione della biopsia ogni 1-2 anni. Circa il 50% dei pazienti possono evitare la prostatectomia, sebbene i protocolli non siano ancora standardizati  Bisogna considerare inoltre il carico psicologico di "vivere e convivere" con un tumore .       
A mio parere, con tumore prostatico localizzato, la maggior parte dei pazienti di età inferiore a 70 anni dovrebbe  essere sottoposta a terapia definitiva, pazienti di età tra 70 e 75 possono essere trattati con terapia definitiva secondo il grado, lo stadio della malattia e le condizioni generali del paziente, mentre opzioni non definitive dovrebbero essere riservate a pazienti di età superiore a 75 anni. Il trattamento chirurgico del tumore dovrebbe essere offerto a tutti i pazienti con malattia localizzata di grado medio-elevato e con una aspettativa minima di vita di 10-15 anni.



Diagnosi

PSA

Il tumore della prostata resta a lungo asintomatico. Quando si manifestano sintomi come l´ostruzione urinaria o i dolori ossei da metastasi, la malattia è avanzata e al di là della possibiltà di cura definitiva. La diagnosi di tumore prostatico è radicalmente cambiata negli ultimi quindici anni grazie all´introduzione clinica del dosaggio del PSA (Antigene Prostatico Specifico). E´ attualmente considerato il marker biologico più utile in oncologia. Il PSA è una proteina che ai fini clinici si può considerare prodotta esclusivamente dalla ghiandola prostatica. Di solito è presente in alte dosi nel liquido seminale ed in concentrazione molto bassa nel sangue. Il PSA è prodotto dalle cellule prostatiche normali, da quelle con iperplasia benigna e da quelle cancerose (anche metastatiche). Ogni alterazione della struttura prostatica può causare un aumento del PSA dovuto ad un maggiore passaggio della proteina nel circolo ematico. L´infezione prostatica (spesso quella acuta, più di rado quella cronica) può aumentare il PSA, probabilmenteper una aumentata permeabilità vascolare in corso di infiammazione. Un catetere a permanenza, una strumentazione endoscopica transuretrale, il massaggio prostatico possono tutti causare un incremento del PSA. La biopsia prostatica provoca una marcata, anche se transitoria, elevazione del PSA. Il PSA non dovrebbe essere misurato di nuovo prima di 4-6 settimane dopo una biopsia della ghiandola. Il tempo di dimezzamento in circolo del PSA è di circa 3 giorni. L´iperplasia prostatica benigna può provocare un moderato aumento del PSA,specialmente per prostate di grande volume.
Il principale uso clinico del PSA è nella diagnosi, nella stadiazione, nella prognosi, e nella valutazione della terapia del carcinoma prostatico. Per una diagnosi precoce di neoplasia prostatica, ogni maschio al di sopra dei 50 anni dovrebbe misurare il PSA una volta all´anno. L´eta´ di inizio dello screeningsi abbassa a 40 anni per pazienti con familiarità di carcinoma prostatico, o per gli afro-americani.
La concentrazione considerata normale del PSA nel sangue varia da 0,1 a 4,0 ng/ml. Quando il PSA supera 4,0 ng/ml, la possibilità di avere un tumore prostatico è del 33-51%, a seconda delle casistiche e delle metodiche usate per la biopsia. Quando il PSA è nel range tra 4,0 e 10,0, la probabilità è del 24-47%.
Alcuni autori hanno suggerito di abbassare la soglia del PSA sospetto a 2.5 ng/ml. In pazienti con PSA tra 2.5 e 4.0 ng/ml l´incidenza di tumore è del 24-27%. Tuttavia una soglia minore comporta una maggiore quantità di biopsie inutili.
E´ chiaro che tali dati non costituiscono un riferimento assoluto. Ad esempio, un valore di PSA di 3.9 ng/ml, sebbene nel range normale, deve comunque destare attenzione.
Ai fini della diagnosi, oltre al valore assoluto del PSA è molto importante il modo in cui il PSA si muove nel tempo (PSA velocity).Un PSA che ha raggiunto in due anni il valore di 6.0 ng/ml, partendo da 2.0, può essere molto più predittivo della presenza di un tumore, rispetto ad un PSA che da 5 anni è stazionario su valori di 10 ng/ml in una prostatta con voluminosaiperplasia benigna. .
Il PSA libero è una frazione del PSA totale che è molto sensibile nella diagnosi tumorale. Un rapporto tra PSA libero e totale inferiore al 18% è altamente suggestivo di carcinoma prostatico in pazienti con PSA tra 4,0 e 10,0, e perfino in pazienti con PSA nel range normale, ma superiore a 2,5 ng/ml.
L´utilizzo clinico di altre forme molecolari di PSA, o formule statistiche come il PHI., possono contribuire alla decisione se effettuare o meno una biopsia.

PCA3 score

Il PCA3 è un test genico che si effettua sulle urine che vengono emesse dopo massaggio della prostata. Il gene esaminato viene espresso dalle cellule tumorali in muùisura molto maggiore rispetto a quelle benigne. Un valore superiore a 35 viene considerato sopstetto per tumore. 

Esplorazione rettale
L´esplorazione rettale (ER) è un esame semplice, utile ed economico, sebbene meno sensibile del PSA, per la diagnosi del tumore prostatico. Con la sola esplorazione rettale, fino al 45%-70% dei casi di carcinoma possono non essere diagnosticati. Tuttavia, poiché in alcuni tumoriil PSA può essere normale, l´esplorazione rettale è da raccomandarsi una volta l´anno in tutti i pazienti al di sopra dei 50 anni.

Ecografia prostatica transrettale
Un´ottima qualità di immagine della prostata può essere ottenuta con l´ecografia transrettale. Un carcinoma prostatico può essere evidenziato come un nodulo ipoecogeno (più scuro del restante parenchima).

Circa il 20-40% dei carcinomi prostatici sfuggono alla diagnosi ecografia. La valutazione dell´estensione locale della malattia è spesso sottostimata. Ciò significa che quando l´ecografia indica una estensione della malattia al di fuori della capsula della ghiandola, c´è una alta probabilità di tumore extracapulare (80-90%). Tuttavia l´ecografia puo´essere negativa nel 40-50% dei casi con malattia extracapsulare. Nonostante alcuni limiti della metodica, l´uso l´ecografia transrettale nella diagnosi e stadiazione del carcinoma prostatico può essere utile.

Risonanza magnetica con bobina endorettale
Questa nuova e promettente metodica per la localizzazione e la stadiazione del carcinoma prostatico sta divenendo molto affidabile; in un futuro molto vicino potrebbe avere un ruolo chiave nella decisione terapeutica per il cancro prostatico. Al momento è un esame che richiedo a tutti i pazienti che sono candidati a prostatectomia radicale.L´esame permette una migliore definizione d´immagine della prostata e delle strutture circostanti. Inoltre gli apparecchi più recenti consentono anche una analisi metabolica dei tessuti prostatici, ed in particolare del rapporto tra alcune sostanzeche risulta più spesso alterato nei tumori.
L´unico modo di accertare la presenza di un tumore prostatico è la biopsia della ghiandola. La biopsia si esegue mediante un apposito ago dotato di punta tagliente, che esegue un doppio scatto, ottenedo un minuto frustolo di tessuto prostatico. La biopsia può essere eseguita per via transrettale (attreverso il retto) o transperineale (attreverso la cute situata tra l´ano e lo scroto).
La biopsia con guida digitale è obsoleta e nei paesi occidentali oggigiorno la gran parte delle biopsie viene eseguita con guida ecografica transrettale. Poiche´ alcuni tumori non sono ben visibili ecograficamente, di solito si segue uno schema random per il prelievo dei campioni bioptici. Le lesioni ipoecogene (pi scure all´ecografia) sospette vengono ovviamente incluse nella biopsia. Alcuni autori recentemente hanno suggerito di utilizzare nell´ecografia transrettale uno studio Doppler della prostata, che permetterebbe di valutare lesioni con maggiore vascolarizzazione , e dunque sospette per lesioni tumorali. Ulteriori studi devono confermare questa interessante applicazione.
La biopsia ecoguidata transrettale a sestanti (con 6 prelievi bioptici) è stata ampiamente diffusa negli Stati Uniti negli anni '90. Tuttavia, diversi studi recentemente hanno posto in dubbio l´efficacia della metodica e sono stati proposti nuovi schemi di biopsia, con aumento del numero di campioni bioptici. Soprattutto in prostate di volume molto aumentato, sono necessari più di 6 prelievi per la diagnosi di carcinoma. Oggi siconsidera che una biopsia prostatica debba prevedere almeno 8 campioni, con il numero ottimale tra 10 e 12 prelievi, che può essere anche maggiore pe dimensioni della ghiandola molto grandi. In casi di PSA che cresce e di una o più biopsie negative, è stata proposta la buiopsia di saturazione, con biopsie molto estese che possono superare i trenta prelievi.
Personalmente fin dal 1997 ho adottato una tecnica di biopsia "a ventaglio" con 12 prelievi ecoguidati per via transperineale.I risultati in oltre 2000 pazienti sono molto incoraggianti: la diagnosi di carcinoma prostatico è stata fatta nel47% dei pazienti con PSA superiore a 4,0 ng/ml e nel 45% dei pazienti con PSA tra 4,0 e 10,0 ng/ml.Poiché nella mia casistica la metà circa dei pazienti con PSA elevato (superiore a 4,0) aveva un tumore, raccomando la biopsia prostatica con 10-12 prelievi in tutti i casi in cui il PSA superi tale soglia.
La biopsia prostatica è solitamente una procedura ambulatoriale. L´approccio transrettale non richiede comunemente anestesia locale, anche se alcuni autori preferiscono egualmente effettuarla. Nella biopsia transperineale l´anestesia locale è necessaria. La temporanea presenza di sangue nelle urine (fino a 7-10 giorni) e più spesso nel liquido seminale (fino a 2-3 mesi) è abbastanza frequente dopo biopsia prostatica. La biospia prostatica oggi considerata più moderna e più attendibile è la cosiddetta tecnica fusion. La biopsia di fusione consente di unire i vantaggi iconografici e diagnostici della Risonanza Magnetica alla versatilità e maneggevolezza dell´ecografia transrettale. Le immagini della Risonanza Magnetica vengono elaborate ericostruite in 3D . Le aree sospette per tumore alla Risonanza vengono marcate sullo schermo. L´immagine tridimensionale della Risonanza viene fatta combaciare e sovrapposta (?fusa?) a quella della ecografia transrettale. Con tale procedura sulla ecografia transrettale appaiono in real time le zone sospette segnalate dalla Risonanza. Così, oltre alla tradizionale biopsia prostatica ecoguidata, vengono eseguiti dei prelievi mirati su quelle aree che sembrano normali all´ecografia, ma in cui la Risonanza  ha individuato dei sospetti tumori. Tale metodica innovativa sta diventando lo standard bioptico della prostata negli Stati Uniti. Sono disponibili dati in letteratura scientifica su 4252 pazienti sottoposti a fusion biopsy, in decine di lavori pubblicati, in cui la metodica è sempre risultata superiore alla biopsia standard nel diagnosticare un tumore della prostata. Infatti in pazienti con sospetto clinico di cancro prostatico, la biopsia di fusione consente di diagnosticare un tumore nel 55-63% dei casi, contro il 30-40% della biopsia classica. Nei pazienti già sottoposti ad una prima biopsia prostatica negativa, la biopsia di fusione trova un tumore precedentemente non riconosciuto nel 37-41% dei casi. La biopsia a fusione consente una maggiore precisione diagnostica sul grado e sull´aggressività della malattia. Inoltre, la metodica a fusione è più affidabile nel diagnosticare tumori clinicamente significativi e dunque meritevoli di trattamento. 

Stadiazione del carcinoma prostatico

TX Il tumore primitivo non può essere definito
T0 Non segni del tumore primitivo
T1 Tumore clinicamente non apprezzabile, non palpabile né visibile con la diagnostica per immagini

T1a Tumore scoperto casualmente nel 5% o meno del tessuto asportato con TURP
T1b Tumore scoperto casualmente in più del 5% del tessuto asportato con TURP
T1c Tumore diagnosticato mediante agobiopsia (di solito, a causa del PSA elevato)

T2 Tumore limitato alla prostata

T2a Tumore che interessa la metà o meno di un lobo
T2b Tumore che interessa più della metà di un lobo ma non entrambi i lobi
T2c Tumore che interessa entrambi i lobi

T3 Tumore che si estende attraverso la capsula prostatica

T3a Estensione extraprostatica

T3b Tumore che invade le vescicole seminali
T4 Tumore fisso che invade strutture adiacenti alla prostata: collo della vescica, sfintere uretrale esterno, retto, muscolo elevatore dell´ano, parete pelvica.

*TURP= resezione transuretrale della prostata 

Il carcinoma prostatico: trattamento
Quando il carcinoma è stato diagnosticato, è importante una accurata stadiazione della malattia. La stadiazione locale si avvale dell´ esplorazione rettale e dell´ecografia transrettale. A mio parere la Risonanza Magnetica endorettale di ultima generazione fornisce informazioni molto utili sulla sede e sulla estensione locale della malattia. La combinazione di tali dati con il reperto dell´esplorazione rettale, il PSA ed il Gleason score consente di ottenere dati statistici sulla probabilità che la malattia sia curabile chirurgicamente.
Quando il PSA è al di sotto di 10 ng/ml ed il Gleason score è inferiore a 7, la probabilità di avere malattia metastatica o localizzazioni ai linfonodi è estremamente bassa. Tutti gli altri pazienti dovrebbero effettuare una scintigrafia ossea e una TAC o Risonanza Magnetica pelvica per escludere una malattia a distanza ossea e/o linfonodale.
Occasionalmente alcuni tumori sono molto piccoli (inferiori a 0,5 cc. di volume) e con un Gleason score inferiore a 6. Tali tumori sono considerati clinicamente non significativi, con scarsa tendenza all´ evoluzione, e di solito non vengono trattati, ma seguiti con attenzione nel tempo.
La scuola scandinava ha proposto per tumori di media aggressività (Gleason non superiore a 6, PSA inferiore a 10 ng/ml) un atteggiamento di "watchful waiting" (vigile attesa). Sebbene questo approccio possa essere ragionevole in pazienti anziani, oltre i 70-75 anni, recenti dati pubblicati a riguardo mostrano che quando questi pazienti vengano seguiti per 15-20 anni, il rischio di mortalità del tumore sale ad oltre il 50%. Di conseguenza si tratta di un approccio che non dovrebbe essere proposto a pazienti più giovani di 65 anni, se non in casi estremamente selezionati.
Quando la malattia è del tutto contenuta nella ghiandola, può essere completamente curata mediante asportazione chirurgica della ghiandola (prostatectomia radicale). Poiché il cancro prostatico è una malattia a lenta progressione, solitamente la prostatectomia radicale è riservata a quei pazienti che hanno una aspettativa di vita di 10-15 anni (in genere pazienti di eta´ inferiore od uguale a 70 anni). In tumori di basso grado (Gleason score 5) l´approccio può essere più conservativo, in quanto la probabilità di progressione a 15 anni è piuttosto bassa. Tumori più aggressivi (Gleason score 8-10) possono richiedere la prostatectomia radicale in pazienti selezionati, in buone condizioni generali, tra i 71 ed i 75 anni, poichè la tipica lentezza di crescita del cancro prostatico non è valida per le forme poco differenziate, che possono progredire nella maggior parte dei pazienti anche a 5-6 anni.La prostatectomia radicale a cielo aperto si può effettuare per vie retropubicao perineale. Il trattamento ormonale preoperatorio non ha mostrato un impatto significativo sui risultati della chirurgia ed è considerato inutile.
La prostatectomia radicale è un intervento ben standardizzato. La perdita ematica media è tra i 200 cc ed i 1000 cc. Quando il tumore è lontano dalla capsula prostatica, i nervi dell´erezione che decorrono sulla faccia postero-laterale della ghiandola possono essere risparmiati. Tuttavia, a seconda dell´ età del paziente, disturbi dell´erezione possono presentarsi dopo l´intervento nel 20-70% dei casi.
Una temporanea perdita di urine è abbastanza comune dopo l´intervento, e può durare da poche settimane ad alcuni mesi. Entro 6-12 mesi l´incontinenza cessa nel 95% dei pazienti.
Recentemente, un nuovo approccio alla prostatectomia, quello laparoscopico, si sta diffondendo tra gli specialisti. L´operazione viene effettuata mediante alcuni fori cutanei sull´ addome, con lunghi strumenti che vengono guidati all´interno dell´addome da una microcamera. Gli strumenti,   vengono manovrati dal chirurgo oppure nell'intervento robotico, dall'operatore  seduto alla console, con degli speciali "joystick", in una visione tridimensionale del campo operatorio. Il peritoneo, o lo spazio pelvico anteriore alla prostata, vengono riempiti mediante uno speciale insufflatore di anidride carbonica

Questo consente la distensione tissutale. L´intero intervento avviene mediante un forte ingrandimento sullo schermo esterno. I vantaggi della metodica sono appunto il miglior dettaglio anatomico con conseguente maggiore rispetto dei tessuti e dell´anatomia, la psssibiltà di visualizzare zone che a cielo aperto sarebbero difficilmente visibili con chiarezza, l´approccio mini-invasivo, la minore perdita ematica (di media 100-200cc.).
L´operazione laparoscopica può essere eseguita con metodica tradizionale o robot assistita. Il robot è un meccanismo complesso, formato da braccia robotiche che vengono azionate da un computer, il quale riproduce i movimenti delle mani del chirurgo al di fuori del corpo. Il chirurgo è seduto ad una console, dove riceve una visione tridimensionale del campo operatorio. 

 L´operazione, sotto guida del chirurgo, è eseguita da piccoli e versatili strumenti all´interno del corpo.I movimenti sono più precisi anche perchè il robot riprodeuce i movimenti del chirurgo con una scala 6:1. La prostatectomia laparoscopica assistita dal robot è molto diffusa negli Stati Uniti, dove l'85% delle prostatectomie sono eseguite con questa metodica.
Il recupero fisico dall´atto chirurgico ed il ritorno alle attività quotidiane è più rapido dopo l´intervento laparoscopico. I risultati funzionali sulla potenza e sulla continenza sono almeno sovrapponibili a quelli ottenuti nei migliori centri che operano la prostatectomia radicale a cielo aperto. I  risultati oncologici (sulla guarigione dal tumore) a 10 anni sembrano eguali a quelli a cielo aperto.Gli svantaggi sono una curva di apprendimento iniziale di una nuova metodica, soprattutto per chi è digiuno di chirurgia laparoscopica, anche se il tempo operatorio è paragonabile se non minore  rispetto al cielo aperto, proprio per i passaggi necessariamente più delicati. La curva di apprendimento è più breve con l´uso del robot.
Considerando solo studi con almeno 100 casi, oltre 800000 prostatectomie radicali laparoscopiche/robotiche sono state riportate a tutt´oggi in letteratura. I risultati sono molto incoraggianti e questa metodica mini-invasiva di prostatectomia radicale è ormai lo standard nei paesi occidentali.      
Al momento, è opportuno che il paziente venga operato dall´urologo con la tecnica di cui il chirurgo è più esperto, e con la quale si sente maggiormente a proprio agio.
E´ stato dimostrato che i pazienti che presentino margini chirurgici positivi alla prostatectomia radicale (ovvero la malattia raggiunge il margine esterno della resezione chirurgica), hanno un rischio maggiore di recidiva locale di malattia. I tali pazienti, è stato dimostrato che una irradiazione precoce (con 60 Gy) della zona dell´intervento migliora sensibilmente la prognosi e la sopravvivenza.
La percentuale di guarigione completa dopo prostatectomia radicale dipende da molti fattori, tra cui lo stadio finale all´esame istologico (stadio patologico), il grado (Gleason) di malattia, il PSA preoperatorio, la velocità del PSA preoperatoria, la quantità totale di malattia presente nei prelievi bioptici.
Dopo la prostatectomia, i pazienti devono essere seguiti con misurazioni periodiche (di solito trimestrali) del PSA.
A 10 anni, il 70% dei pazienti non mostra alcun rialzo del PSA dai livelli postoperatori (al di sotto di 0,1-0,2 ng/ml). Circa il 20% dei pazienti mostrano un rialzo del PSA senza alcun segno di malattia. Approssimativamente il 10% dei pazienti presenta una recidiva locale od una malattia metastatica.
I pazienti con PSA che sale al di sopra di 0.4 ng/ml devono essere considerati con recidiva di malattia. Ove questo rialzo si manifesti oltre i 18 mesi dalla prostatectomia,è probabile che si tratti di una recidiva locale, che può essere trattata efficacemente nel 30-45% dei casi con una radioterapia locale.

Radioterapia
L´applicazione di radiazioni ad alta energia può trattare il cancro prostatico. Il trattamento richiede alcune settimane, ed in genere è ben tollerato. Nuove metodiche consentono una ricostruzione tridimensionale della ghiandola con una somministrazione di radiazioni più precisa (radioterapia conformazionale/modulazione intensità)


I nuovi macchinari consentono di applicare un dosaggio di radiazioni maggiore, ma con minori effetti collaterali sulle strutture anatomiche vicine alla prostata (principalmente retto e vescica). Un´altra modalità di trattamento radiante che sta divenendo sempre più popolare è la brachiterapia. La brachiterapia consiste nel rilascio di alcuni semi debolmente radioattivi nella prostata, dopo una ricostruzione spaziale della ghiandola mediante TAC che consente di valutare la dose ottimale richiesta. I risultati a 10 anni sono promettenti, e apparentemente comparabili a quelli della radioterapia convenzionale. Il rischio tuttavia di fistole rettali e stenosi uretrali è maggiore rispetto alla radioterapia convenzionale.
I principali effetti collaterali della radioterapia includono sintomi irritativi rettali e/o vescicali, con diarrea, tenesmo rettale, aumento della frequenza urinaria con bruciori minzionali. Solo il 5% di questi disturbi divengono cronici. Disturbi dell´erezione possono verificarsi anche dopo radioterapia, e a 2 anni il 40-70% dei pazienti ha un disturbo erettile di qualche entità. Anche a distanza di anni dalla radioterapia si possono verificare ematurie (emissione di urine miste a sangue).
Alcuni autori suggeriscono di aumentare l´efficacia della radioterapia con 3 anni di terapia ormonale prima e dopo l´irradiazione, al fine di ridurre la massa tumorale ed aumentarne la risposta al trattamento radiante. Questo approccio è stato provato essere più favorevole nei tumori localmente avanzati.
I risultati della radioterapia non sono facilmente comparabili con quelli della prostatectomia radicale, poichè il PSA di solito non raggiunge gli stessi livelli di quelli dopo chirurgia. Dopo radioterapia, il PSA decresce lentamente per raggiungere un minimo 12-24 mesi dopo il trattamento. Dato che il carcinoma prostatico è spesso una malattia a decorso lento, sono necessari i risultati a 10-15 anni per valutare l´esito del trattamento. La sopravvivenza libera da malattia dopo radioterapia per carcinoma curabile è del 75-95% a 5 anni e del 55-85% a 10 anni, secondo la letteratura.
Comunque, il 50-60% dei pazienti hanno ancora malattia tumorale alla biopsia prostatica dopo la radioterapia. Questi pazienti sono a maggior rischio di progressione e morte correlata al tumore.
Per tumori localmente avanzati (tumore che si estende al di fuori della capsula prostatica, senza metastasi a distanza), i risultati della radioterapia sono meno incoraggianti e la sopravvivenza a 10 anni è del 15-30%.
La crioterapia è stata proposta per trattare il carcinoma prostatico primitivo o che non risponde alla radioterapia. I risultati precoci sembrano simili a quelli della radioterapia, ma è necessario un lungo follow-up per definire il reale valore del trattamento. L´incidenza di disturbi erettili può arrivare al 40-70%. Si tratta di una terapia considerata prevalentemente "di salvataggio", poichè esiste il rischio di fistole (anomale comunicazioni) con il retto.
Ancora preliminare è l´esperienza con onde ad alte frequenza per il trattamento del caricnoma prostatico.
Dopo l´eventuale fallimento di una radioterapia, una prostatectomia radicale può essere tentata, ma le alterazioni locali indotte dalla radioterapia aumentano notevolmente il rischio di incontinenza urinaria.

Terapia ormonale
Sebbene gli effetti della deprivazione degli ormonimaschili sul cancro prostatico siano ben conosciuti, la terapia ormonale non è un trattamento curativo definitivo per il tumore prostatico, e deve essere piuttosto considerato un approccio palliativo, in pazienti metastatici o molto avanti negli anni.
La terapia endocrina con estrogeni è quasi del tutto abbandonata per i significativi effetti collaterali sul sistema cardiovascolare.
Sono disponibili diversi farmaci per l´inibizione del testosterone. La classe principale è quella degli analoghi dell´ LHRH (Leuprolide, Goserelin, Buserelin, Triptorelin). I farmaci sono disponibili per somministrazioni trimestrali. Di solito il trattamento ormonale è ben tollerato. Il maggior effetto collaterale della terapia è l´impotenza. Altri possibili effetti collaterali di quella che in effetti è una castrazione chimica sono cambiamenti dell´umore, "vampate" simili a quelle della menopausa femminile, disturbi della mineralizzazione ossea. Altra classe di farmaci usati frequentemente nel trattamento ormonale sono gli antiandrogeni, come la flutamide, la bicalutamide, la nilutamide, il ciproterone acetato. Alcuni autori hanno proposto il trattamento ormonale del carcinoma prostatico con antiandrogeni come monoterapia. Il principale vantaggio e´ che per alcuni farmaci gli effetti collaterali sulla potenza sessuale sono significativamente minori. Tuttavia il trattamento del carcinoma prostatico con antiandrogeno come singolo farmaco non è considerato standard.
L´associazione tra analoghi dell´LHRH ed antiandrogeni (blocco androgenico totale) è ancora dibattuta. Alcuni lavori hanno dimostrato un significativo aumento della sopravvivenza media di 7 mesi, in pazienti trattati con blocco totale rispetto a quelli trattati con soli analoghi. Recentemente, una revisione della letteratura sull´argomento ha posto in dubbio tali risultato e la questione resta aperta. Uno studio della prestigiosa EORTC ha dimostrato che non esiste un vantaggio scientificamente dimostrabile nell´aggiunta di un antiandrogeno alla terapia ormonale con analogo dell´LHRH.Di recente è stata proposta la terapia ormonale intermittente. Il razionale è evitare la selezione naturale di cloni cellulari ormono-resistenti con sospensioni intermittenti del trattamento.
Sono necessario studi randomizzati e a lungo termine per evidenziare l´efficacia di tale approccio terapeutico.
L´associazione del trattamento ormonale con quello radioterapico sembra migliorare i risultati di sopravvivenza nel tumore prostatico localmente avanzato.
Di solito la terapia ormonale è riservata a pazienti con malattia metastatica o non altrimenti curabile, o dopo la recidiva di malattia dopo radioterapia o chirurgia radicale, oppure in pazienti anziani.
Quando viene diagnosticata una malattia metastatica, il trattamento ormonale precoce ritarda la progressione di malattia e prolunga la sopravvivenza, rispetto al trattamento tardivo (al sorgere di malattia sintomatica). E´ invece incerto se la terapia ormonale debba essere somministrata alla diagnosi di un carcinoma localizzato in un paziente anziano. Sembra infatti, sempre da studi dell´EORTC, che in questo caso la terapia precoce non presenti significativi vantaggi rispetto a quella effettuata alla progressione sintomatica di malattia.


Come tratto il cancro prostatico

Considero la prostatectomia radicale la migliore terapia per ottenere la guarigione definitiva nel carcinoma prostatico intracapsulare. In pazienti che abbiano meno di 71 anni dieta´,e con Gleason score maggiore di 5, purchè l´estensione di malattia non sia minima, la prostatectomia radicale è la mia prima scelta. In pazienti tra i 71 ed i 75 anni di età, la prostatectomia radicale può essere consigliata con un Gleason score elevato (8-10), in quanto se la malattia non è trattata può manifestare una progressione a 5-8 anni.
In pazienti con Gleason score di 5, con tumore più grande di 1 cc. localizzato alla prostata , riserverei la prostatectomia radicale in pazienti più giovani di 60-65 anni e sarei conservativo in pazienti di età maggiore, in quanto le probabilità di evoluzione di malattia sono piuttosto limitate. A mio parere tali pazienti vanno seguiti strettamente per evidenziare se la malattia tende ad essere evolutiva o se ha un comportamento biologico "torpido"

Quando il tumore prostatico è ancora localizzato, la radioterapia è riservata a pazienti di età superiore a 75 anni, oa pazienti di età tra 71 e 74 con Gleason inferiore ad 8, o a pazienti con malattia oltre la capsula, in cui le probabilità di cura con la prostatectomia sono molto basse.

Pazienti che vogliano conservare quanto più possibile l´erezione spontanea, possono decidere di scegliere comunque la radioterapia, dopo essere stati ben informati su vantaggi e svantaggi di tale trattamento.
La terapia ormonale è la mia scelta per la malattia già metastatica o per pazienti di età molto avanzata che non sopporterebbero gli effetti della radioterapia. La terapia ormonale con analoghi dell´LHRH va cominciata subito in pazienti con malattia avanzata, ma può essere rimandata nel tempo in pazienti con malattialocalizzata in fase iniziale.