Carcinoma Prostatico
Il carcinoma prostatico e´ il tumore maligno più comune per l´uomo nei paesi occidentali (29% di tutti i tumori) ed è il secondo tumore come causa di morte nel maschio (13% di tutti i tumori) dopo il cancro del polmone . Ad ogni modo, la storia naturale del tumore può essere lunga. Circa un uomo ogni 6 avrà una diagnosi di cancro prostatico, anche se la mortalità per cancro prostatico è del 3%. Si può valutare quindi che solo il 20% circa dei pazienti con cancro prostatico moriranno di malattia, mentre l´80% moriranno con la malattia, ma di altra causa. Ad 80 anni di età circa il 20-40% degli uomini ha un focolaio di tumore prostatico. Il rischio di sviluppare un tumore della prostata sembra aumentare con una dieta ricca di grassi. Recentemente è stato dimostrato per la prima volta che un virus potrebbe agire da promotore nella genesi del cancro prostatico.Il decorso naturale della malattia è soprattutto dipendente dal grado del tumore (quanto le cellule tumorali siano simili o differenti dalle cellule normali della prostata). Il tumore prostatico ha un tipo di classificazione del grado (dell´aspetto microscopico delle cellule, più o meno distanti dalle caratteristiche delle cellule normali) diverso dagli altri tumori: il Gleason score. Si tratta di un sistema di punteggio che va da 2 a 10, ma recenti convegni hanno valutato che in realtà è opportuno usare nella tipizzazione istologica solamente , il Gleason 6 (classe di rischio 1), il Gleason 7 = 3+4 (classe di rischio 2), il Gleason 7 = 4+3 (classe di rischio 3), il Gleason 8 (classe di rischio 4), il Gleason 9-10 (classe di rischio 5). La mortalità per cancro prostatico a 15 anni, se non trattato con terapia definitiva, è del 9% per i bassi gradi, del 28% per i gradi intermedi ed il 58% per il gradi elevati della malattia.
Quando la malattia non è curata in pazienti più giovani, la aspettativa di vita diminuisce di 4-5 anni nel grado intermedio e di 6-8 anni nel grado alto. In pazienti più giovani di 65 anni con malattia localizzata (non diffusa ai linfonodi, alle ossa o ad altre sedi distanti) e non trattata, il 65% è destinato a morire di tumore.
Recentemente è stata introdotta la sorveglianza
attiva. In pazienti con tumore non palpabile, con PSA
inferiore a 10 ng/ml , con malattia di basso grado (Gleason
score non superiore a 6, 3 3), e con non piu di due prelievi
bioptici positivi per cancro, può essere offerta la
possibilità di un controllo clinico della malattia, al
fine di procrastinare od evitare addirittura l'intervento
chirurgico. Tali pazienti vengono seguiti con esplorazioni
rettali e PSA seriati, con ripetizione della biopsia ogni 1-2
anni. Circa il 50% dei pazienti possono evitare la
prostatectomia, sebbene i protocolli non siano ancora
standardizati Bisogna considerare inoltre il carico
psicologico di "vivere e convivere" con un tumore .
A mio parere, con tumore prostatico localizzato, la maggior
parte dei pazienti di età inferiore a 70 anni dovrebbe
essere sottoposta a terapia definitiva, pazienti di
età tra 70 e 75 possono essere trattati con terapia
definitiva secondo il grado, lo stadio della malattia e le
condizioni generali del paziente, mentre opzioni non
definitive dovrebbero essere riservate a pazienti di
età superiore a 75 anni. Il trattamento chirurgico del
tumore dovrebbe essere offerto a tutti i pazienti con
malattia localizzata di grado medio-elevato e con una
aspettativa minima di vita di 10-15 anni.
Diagnosi
PSA
Il tumore della prostata resta a lungo asintomatico. Quando
si manifestano sintomi come l´ostruzione urinaria o i
dolori ossei da metastasi, la malattia è avanzata e al
di là della possibiltà di cura definitiva. La
diagnosi di tumore prostatico è radicalmente cambiata
negli ultimi quindici anni grazie all´introduzione
clinica del dosaggio del PSA (Antigene Prostatico Specifico).
E´ attualmente considerato il marker biologico
più utile in oncologia. Il PSA è una proteina
che ai fini clinici si può considerare prodotta
esclusivamente dalla ghiandola prostatica. Di solito è
presente in alte dosi nel liquido seminale ed in
concentrazione molto bassa nel sangue. Il PSA è
prodotto dalle cellule prostatiche normali, da quelle con
iperplasia benigna e da quelle cancerose (anche
metastatiche). Ogni alterazione della struttura prostatica
può causare un aumento del PSA dovuto ad un maggiore
passaggio della proteina nel circolo ematico.
L´infezione prostatica (spesso quella acuta, più
di rado quella cronica) può aumentare il PSA,
probabilmenteper una aumentata permeabilità vascolare
in corso di infiammazione. Un catetere a permanenza, una
strumentazione endoscopica transuretrale, il massaggio
prostatico possono tutti causare un incremento del PSA. La
biopsia prostatica provoca una marcata, anche se transitoria,
elevazione del PSA. Il PSA non dovrebbe essere misurato di
nuovo prima di 4-6 settimane dopo una biopsia della
ghiandola. Il tempo di dimezzamento in circolo del PSA
è di circa 3 giorni. L´iperplasia prostatica
benigna può provocare un moderato aumento del
PSA,specialmente per prostate di grande volume.
Il principale uso clinico del PSA è nella diagnosi,
nella stadiazione, nella prognosi, e nella valutazione della
terapia del carcinoma prostatico. Per una diagnosi precoce di
neoplasia prostatica, ogni maschio al di sopra dei 50 anni
dovrebbe misurare il PSA una volta all´anno.
L´eta´ di inizio dello screeningsi abbassa a 40
anni per pazienti con familiarità di carcinoma
prostatico, o per gli afro-americani.
La concentrazione considerata normale del PSA nel sangue
varia da 0,1 a 4,0 ng/ml. Quando il PSA supera 4,0 ng/ml, la
possibilità di avere un tumore prostatico è del
33-51%, a seconda delle casistiche e delle metodiche usate
per la biopsia. Quando il PSA è nel range tra 4,0 e
10,0, la probabilità è del 24-47%.
Alcuni autori hanno suggerito di abbassare la soglia del PSA
sospetto a 2.5 ng/ml. In pazienti con PSA tra 2.5 e 4.0 ng/ml
l´incidenza di tumore è del 24-27%. Tuttavia una
soglia minore comporta una maggiore quantità di
biopsie inutili.
E´ chiaro che tali dati non costituiscono un
riferimento assoluto. Ad esempio, un valore di PSA di 3.9
ng/ml, sebbene nel range normale, deve comunque destare
attenzione.
Ai fini della diagnosi, oltre al valore assoluto del PSA
è molto importante il modo in cui il PSA si muove nel
tempo (PSA velocity).Un PSA che ha raggiunto in due anni il
valore di 6.0 ng/ml, partendo da 2.0, può essere molto
più predittivo della presenza di un tumore, rispetto
ad un PSA che da 5 anni è stazionario su valori di 10
ng/ml in una prostatta con voluminosaiperplasia benigna. .
Il PSA libero è una frazione del PSA totale che
è molto sensibile nella diagnosi tumorale. Un rapporto
tra PSA libero e totale inferiore al 18% è altamente
suggestivo di carcinoma prostatico in pazienti con PSA tra
4,0 e 10,0, e perfino in pazienti con PSA nel range normale,
ma superiore a 2,5 ng/ml.
L´utilizzo clinico di altre forme molecolari di PSA, o
formule statistiche come il PHI., possono contribuire alla
decisione se effettuare o meno una biopsia.
PCA3 score
Il PCA3 è un test genico che si effettua sulle urine che vengono emesse dopo massaggio della prostata. Il gene esaminato viene espresso dalle cellule tumorali in muùisura molto maggiore rispetto a quelle benigne. Un valore superiore a 35 viene considerato sopstetto per tumore.
Esplorazione rettale
L´esplorazione rettale (ER) è un esame
semplice, utile ed economico, sebbene meno sensibile del PSA,
per la diagnosi del tumore prostatico. Con la sola
esplorazione rettale, fino al 45%-70% dei casi di carcinoma
possono non essere diagnosticati. Tuttavia, poiché in
alcuni tumoriil PSA può essere normale,
l´esplorazione rettale è da raccomandarsi una
volta l´anno in tutti i pazienti al di sopra dei 50
anni.
Ecografia prostatica transrettale
Un´ottima qualità di immagine della prostata
può essere ottenuta con l´ecografia
transrettale. Un carcinoma prostatico può essere
evidenziato come un nodulo ipoecogeno (più scuro del
restante parenchima).
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Circa il 20-40% dei carcinomi prostatici sfuggono alla
diagnosi ecografia. La valutazione dell´estensione
locale della malattia è spesso sottostimata.
Ciò significa che quando l´ecografia indica una
estensione della malattia al di fuori della capsula della
ghiandola, c´è una alta probabilità di
tumore extracapulare (80-90%). Tuttavia l´ecografia
puo´essere negativa nel 40-50% dei casi con malattia
extracapsulare. Nonostante alcuni limiti della metodica,
l´uso l´ecografia transrettale nella diagnosi e
stadiazione del carcinoma prostatico può essere utile.
Risonanza magnetica con bobina endorettale
Questa nuova e promettente metodica per la localizzazione e
la stadiazione del carcinoma prostatico sta divenendo molto
affidabile; in un futuro molto vicino potrebbe avere un ruolo
chiave nella decisione terapeutica per il cancro prostatico.
Al momento è un esame che richiedo a tutti i pazienti
che sono candidati a prostatectomia radicale.L´esame
permette una migliore definizione d´immagine della
prostata e delle strutture circostanti. Inoltre gli
apparecchi più recenti consentono anche una analisi
metabolica dei tessuti prostatici, ed in particolare del
rapporto tra alcune sostanzeche risulta più spesso
alterato nei tumori.
L´unico modo di accertare la presenza di un tumore
prostatico è la biopsia della ghiandola. La biopsia si
esegue mediante un apposito ago dotato di punta tagliente,
che esegue un doppio scatto, ottenedo un minuto frustolo di
tessuto prostatico. La biopsia può essere eseguita per
via transrettale (attreverso il retto) o transperineale
(attreverso la cute situata tra l´ano e lo scroto).
La biopsia con guida digitale è obsoleta e nei paesi
occidentali oggigiorno la gran parte delle biopsie viene
eseguita con guida ecografica transrettale. Poiche´
alcuni tumori non sono ben visibili ecograficamente, di
solito si segue uno schema random per il prelievo dei
campioni bioptici. Le lesioni ipoecogene (pi scure
all´ecografia) sospette vengono ovviamente incluse
nella biopsia. Alcuni autori recentemente hanno suggerito di
utilizzare nell´ecografia transrettale uno studio
Doppler della prostata, che permetterebbe di valutare lesioni
con maggiore vascolarizzazione , e dunque sospette per
lesioni tumorali. Ulteriori studi devono confermare questa
interessante applicazione.
La biopsia ecoguidata transrettale a sestanti (con 6
prelievi bioptici) è stata ampiamente diffusa negli
Stati Uniti negli anni '90. Tuttavia, diversi studi
recentemente hanno posto in dubbio l´efficacia della
metodica e sono stati proposti nuovi schemi di biopsia, con
aumento del numero di campioni bioptici. Soprattutto in
prostate di volume molto aumentato, sono necessari più
di 6 prelievi per la diagnosi di carcinoma. Oggi siconsidera
che una biopsia prostatica debba prevedere almeno 8 campioni,
con il numero ottimale tra 10 e 12 prelievi, che può
essere anche maggiore pe dimensioni della ghiandola molto
grandi. In casi di PSA che cresce e di una o più
biopsie negative, è stata proposta la buiopsia di
saturazione, con biopsie molto estese che possono superare i
trenta prelievi.
Personalmente fin dal 1997 ho adottato una tecnica di
biopsia "a ventaglio" con 12 prelievi ecoguidati per via
transperineale.I risultati in oltre 2000 pazienti sono molto
incoraggianti: la diagnosi di carcinoma prostatico è
stata fatta nel47% dei pazienti con PSA superiore a 4,0 ng/ml
e nel 45% dei pazienti con PSA tra 4,0 e 10,0
ng/ml.Poiché nella mia casistica la metà circa
dei pazienti con PSA elevato (superiore a 4,0) aveva un
tumore, raccomando la biopsia prostatica con 10-12 prelievi
in tutti i casi in cui il PSA superi tale soglia.
La biopsia prostatica è solitamente una procedura
ambulatoriale. L´approccio transrettale non richiede
comunemente anestesia locale, anche se alcuni autori
preferiscono egualmente effettuarla. Nella biopsia
transperineale l´anestesia locale è necessaria.
La temporanea presenza di sangue nelle urine (fino a 7-10
giorni) e più spesso nel liquido seminale (fino a 2-3
mesi) è abbastanza frequente dopo biopsia prostatica.
La biospia prostatica oggi considerata più moderna e
più attendibile è la cosiddetta tecnica fusion.
La biopsia di fusione consente di unire i vantaggi
iconografici e diagnostici della Risonanza Magnetica alla
versatilità e maneggevolezza dell´ecografia
transrettale. Le immagini della Risonanza Magnetica vengono
elaborate ericostruite in 3D . Le aree sospette per tumore
alla Risonanza vengono marcate sullo schermo.
L´immagine tridimensionale della Risonanza viene fatta
combaciare e sovrapposta (?fusa?) a quella della ecografia
transrettale. Con tale procedura sulla ecografia transrettale
appaiono in real time le zone sospette segnalate dalla
Risonanza. Così, oltre alla tradizionale biopsia
prostatica ecoguidata, vengono eseguiti dei prelievi mirati
su quelle aree che sembrano normali all´ecografia, ma
in cui la Risonanza ha individuato dei sospetti tumori.
Tale metodica innovativa sta diventando lo standard bioptico
della prostata negli Stati Uniti. Sono disponibili dati in
letteratura scientifica su 4252 pazienti sottoposti a fusion
biopsy, in decine di lavori pubblicati, in cui la metodica
è sempre risultata superiore alla biopsia standard nel
diagnosticare un tumore della prostata. Infatti in pazienti
con sospetto clinico di cancro prostatico, la biopsia di
fusione consente di diagnosticare un tumore nel 55-63% dei
casi, contro il 30-40% della biopsia classica. Nei pazienti
già sottoposti ad una prima biopsia prostatica
negativa, la biopsia di fusione trova un tumore
precedentemente non riconosciuto nel 37-41% dei casi. La
biopsia a fusione consente una maggiore precisione
diagnostica sul grado e sull´aggressività della
malattia. Inoltre, la metodica a fusione è più
affidabile nel diagnosticare tumori clinicamente
significativi e dunque meritevoli di trattamento.
Stadiazione del carcinoma prostatico
TX Il tumore primitivo non può
essere definito
T0 Non segni del tumore primitivo
T1 Tumore clinicamente non apprezzabile,
non palpabile né visibile con la diagnostica per
immagini
T1a Tumore scoperto casualmente nel 5%
o meno del tessuto asportato con TURP
T1b Tumore scoperto casualmente in
più del 5% del tessuto asportato con TURP
T1c Tumore diagnosticato mediante
agobiopsia (di solito, a causa del PSA elevato)
T2 Tumore limitato alla prostata
T2a Tumore che interessa la
metà o meno di un lobo
T2b Tumore che interessa più della
metà di un lobo ma non entrambi i lobi
T2c Tumore che interessa entrambi i
lobi
T3 Tumore che si estende attraverso la capsula prostatica
T3a Estensione extraprostatica
T3b Tumore che invade le
vescicole seminali
T4 Tumore fisso che invade strutture
adiacenti alla prostata: collo della vescica, sfintere
uretrale esterno, retto, muscolo elevatore dell´ano,
parete pelvica.
*TURP= resezione transuretrale della prostata
Il carcinoma prostatico: trattamento
Quando il carcinoma è stato diagnosticato, è
importante una accurata stadiazione della malattia. La
stadiazione locale si avvale dell´ esplorazione rettale
e dell´ecografia transrettale. A mio parere la
Risonanza Magnetica endorettale di ultima generazione
fornisce informazioni molto utili sulla sede e sulla
estensione locale della malattia. La combinazione di tali
dati con il reperto dell´esplorazione rettale, il PSA
ed il Gleason score consente di ottenere dati statistici
sulla probabilità che la malattia sia curabile
chirurgicamente.
Quando il PSA è al di sotto di 10 ng/ml ed il Gleason
score è inferiore a 7, la probabilità di avere
malattia metastatica o localizzazioni ai linfonodi è
estremamente bassa. Tutti gli altri pazienti dovrebbero
effettuare una scintigrafia ossea e una TAC o Risonanza
Magnetica pelvica per escludere una malattia a distanza ossea
e/o linfonodale.
Occasionalmente alcuni tumori sono molto piccoli (inferiori
a 0,5 cc. di volume) e con un Gleason score inferiore a 6.
Tali tumori sono considerati clinicamente non significativi,
con scarsa tendenza all´ evoluzione, e di solito non
vengono trattati, ma seguiti con attenzione nel tempo.
La scuola scandinava ha proposto per tumori di media
aggressività (Gleason non superiore a 6, PSA inferiore
a 10 ng/ml) un atteggiamento di "watchful waiting" (vigile
attesa). Sebbene questo approccio possa essere ragionevole in
pazienti anziani, oltre i 70-75 anni, recenti dati pubblicati
a riguardo mostrano che quando questi pazienti vengano
seguiti per 15-20 anni, il rischio di mortalità del
tumore sale ad oltre il 50%. Di conseguenza si tratta di un
approccio che non dovrebbe essere proposto a pazienti
più giovani di 65 anni, se non in casi estremamente
selezionati.
Quando la malattia è del tutto contenuta nella
ghiandola, può essere completamente curata mediante
asportazione chirurgica della ghiandola (prostatectomia
radicale). Poiché il cancro prostatico è una
malattia a lenta progressione, solitamente la prostatectomia
radicale è riservata a quei pazienti che hanno una
aspettativa di vita di 10-15 anni (in genere pazienti di
eta´ inferiore od uguale a 70 anni). In tumori di basso
grado (Gleason score 5) l´approccio può essere
più conservativo, in quanto la probabilità di
progressione a 15 anni è piuttosto bassa. Tumori
più aggressivi (Gleason score 8-10) possono richiedere
la prostatectomia radicale in pazienti selezionati, in buone
condizioni generali, tra i 71 ed i 75 anni, poichè la
tipica lentezza di crescita del cancro prostatico non
è valida per le forme poco differenziate, che possono
progredire nella maggior parte dei pazienti anche a 5-6
anni.La prostatectomia radicale a cielo aperto si può
effettuare per vie retropubicao perineale. Il trattamento
ormonale preoperatorio non ha mostrato un impatto
significativo sui risultati della chirurgia ed è
considerato inutile.
La prostatectomia radicale è un intervento ben
standardizzato. La perdita ematica media è tra i 200
cc ed i 1000 cc. Quando il tumore è lontano dalla
capsula prostatica, i nervi dell´erezione che decorrono
sulla faccia postero-laterale della ghiandola possono essere
risparmiati. Tuttavia, a seconda dell´ età del
paziente, disturbi dell´erezione possono presentarsi
dopo l´intervento nel 20-70% dei casi.
Una temporanea perdita di urine è abbastanza comune
dopo l´intervento, e può durare da poche
settimane ad alcuni mesi. Entro 6-12 mesi
l´incontinenza cessa nel 95% dei pazienti.
Recentemente, un nuovo approccio alla prostatectomia, quello
laparoscopico, si sta diffondendo tra gli specialisti.
L´operazione viene effettuata mediante alcuni fori
cutanei sull´ addome, con lunghi strumenti che vengono
guidati all´interno dell´addome da una
microcamera. Gli strumenti, vengono manovrati dal
chirurgo oppure nell'intervento robotico, dall'operatore
seduto alla console, con degli speciali "joystick", in
una visione tridimensionale del campo operatorio. Il
peritoneo, o lo spazio pelvico anteriore alla prostata,
vengono riempiti mediante uno speciale insufflatore di
anidride carbonica
Questo consente la
distensione tissutale. L´intero intervento
avviene mediante un forte ingrandimento sullo schermo
esterno. I vantaggi della metodica sono appunto il miglior
dettaglio anatomico con conseguente maggiore rispetto dei
tessuti e dell´anatomia, la psssibiltà di
visualizzare zone che a cielo aperto sarebbero difficilmente
visibili con chiarezza, l´approccio mini-invasivo, la
minore perdita ematica (di media 100-200cc.).
L´operazione laparoscopica può essere eseguita
con metodica tradizionale o robot assistita. Il robot
è un meccanismo complesso, formato da braccia
robotiche che vengono azionate da un computer, il quale
riproduce i movimenti delle mani del chirurgo al di fuori del
corpo. Il chirurgo è seduto ad una console, dove
riceve una visione tridimensionale del campo
operatorio.
L´operazione, sotto guida del chirurgo, è
eseguita da piccoli e versatili strumenti all´interno
del corpo.I movimenti sono più precisi anche
perchè il robot riprodeuce i movimenti del chirurgo
con una scala 6:1. La prostatectomia laparoscopica assistita
dal robot è molto diffusa negli Stati Uniti, dove
l'85% delle prostatectomie sono eseguite con questa metodica.
Il recupero fisico dall´atto chirurgico ed il ritorno
alle attività quotidiane è più rapido
dopo l´intervento laparoscopico. I risultati funzionali
sulla potenza e sulla continenza sono almeno sovrapponibili a
quelli ottenuti nei migliori centri che operano la
prostatectomia radicale a cielo aperto. I risultati
oncologici (sulla guarigione dal tumore) a 10 anni sembrano
eguali a quelli a cielo aperto.Gli svantaggi sono una curva
di apprendimento iniziale di una nuova metodica, soprattutto
per chi è digiuno di chirurgia laparoscopica, anche se
il tempo operatorio è paragonabile se non minore
rispetto al cielo aperto, proprio per i passaggi
necessariamente più delicati. La curva di
apprendimento è più breve con l´uso del
robot.
Considerando solo studi con almeno 100 casi, oltre 800000
prostatectomie radicali laparoscopiche/robotiche sono state
riportate a tutt´oggi in letteratura. I risultati sono
molto incoraggianti e questa metodica mini-invasiva di
prostatectomia radicale è ormai lo standard nei paesi
occidentali.
Al momento, è opportuno che il paziente venga operato
dall´urologo con la tecnica di cui il chirurgo è
più esperto, e con la quale si sente maggiormente a
proprio agio.
E´ stato dimostrato che i pazienti che presentino
margini chirurgici positivi alla prostatectomia radicale
(ovvero la malattia raggiunge il margine esterno della
resezione chirurgica), hanno un rischio maggiore di recidiva
locale di malattia. I tali pazienti, è stato
dimostrato che una irradiazione precoce (con 60 Gy) della
zona dell´intervento migliora sensibilmente la prognosi
e la sopravvivenza.
La percentuale di guarigione completa dopo prostatectomia
radicale dipende da molti fattori, tra cui lo stadio finale
all´esame istologico (stadio patologico), il grado
(Gleason) di malattia, il PSA preoperatorio, la
velocità del PSA preoperatoria, la quantità
totale di malattia presente nei prelievi bioptici.
Dopo la prostatectomia, i pazienti devono essere seguiti con
misurazioni periodiche (di solito trimestrali) del PSA.
A 10 anni, il 70% dei pazienti non mostra alcun rialzo del
PSA dai livelli postoperatori (al di sotto di 0,1-0,2 ng/ml).
Circa il 20% dei pazienti mostrano un rialzo del PSA senza
alcun segno di malattia. Approssimativamente il 10% dei
pazienti presenta una recidiva locale od una malattia
metastatica.
I pazienti con PSA che sale al di sopra di 0.4 ng/ml devono
essere considerati con recidiva di malattia. Ove questo
rialzo si manifesti oltre i 18 mesi dalla
prostatectomia,è probabile che si tratti di una
recidiva locale, che può essere trattata efficacemente
nel 30-45% dei casi con una radioterapia locale.
Radioterapia
L´applicazione di radiazioni ad alta energia
può trattare il cancro prostatico. Il trattamento
richiede alcune settimane, ed in genere è ben
tollerato. Nuove metodiche consentono una ricostruzione
tridimensionale della ghiandola con una somministrazione di
radiazioni più precisa (radioterapia
conformazionale/modulazione intensità)
I nuovi macchinari consentono di applicare un
dosaggio di radiazioni maggiore, ma con minori effetti
collaterali sulle strutture anatomiche vicine alla prostata
(principalmente retto e vescica). Un´altra
modalità di trattamento radiante che sta divenendo
sempre più popolare è la brachiterapia. La
brachiterapia consiste nel rilascio di alcuni semi debolmente
radioattivi nella prostata, dopo una ricostruzione spaziale
della ghiandola mediante TAC che consente di valutare la dose
ottimale richiesta. I risultati a 10 anni sono promettenti, e
apparentemente comparabili a quelli della radioterapia
convenzionale. Il rischio tuttavia di fistole rettali e
stenosi uretrali è maggiore rispetto alla radioterapia
convenzionale.
I principali effetti collaterali della radioterapia
includono sintomi irritativi rettali e/o vescicali, con
diarrea, tenesmo rettale, aumento della frequenza urinaria
con bruciori minzionali. Solo il 5% di questi disturbi
divengono cronici. Disturbi dell´erezione possono
verificarsi anche dopo radioterapia, e a 2 anni il 40-70% dei
pazienti ha un disturbo erettile di qualche entità.
Anche a distanza di anni dalla radioterapia si possono
verificare ematurie (emissione di urine miste a sangue).
Alcuni autori suggeriscono di aumentare l´efficacia
della radioterapia con 3 anni di terapia ormonale prima e
dopo l´irradiazione, al fine di ridurre la massa
tumorale ed aumentarne la risposta al trattamento radiante.
Questo approccio è stato provato essere più
favorevole nei tumori localmente avanzati.
I risultati della radioterapia non sono facilmente
comparabili con quelli della prostatectomia radicale,
poichè il PSA di solito non raggiunge gli stessi
livelli di quelli dopo chirurgia. Dopo radioterapia, il PSA
decresce lentamente per raggiungere un minimo 12-24 mesi dopo
il trattamento. Dato che il carcinoma prostatico è
spesso una malattia a decorso lento, sono necessari i
risultati a 10-15 anni per valutare l´esito del
trattamento. La sopravvivenza libera da malattia dopo
radioterapia per carcinoma curabile è del 75-95% a 5
anni e del 55-85% a 10 anni, secondo la letteratura.
Comunque, il 50-60% dei pazienti hanno ancora malattia
tumorale alla biopsia prostatica dopo la radioterapia. Questi
pazienti sono a maggior rischio di progressione e morte
correlata al tumore.
Per tumori localmente avanzati (tumore che si estende al di
fuori della capsula prostatica, senza metastasi a distanza),
i risultati della radioterapia sono meno incoraggianti e la
sopravvivenza a 10 anni è del 15-30%.
La crioterapia è stata proposta per trattare il
carcinoma prostatico primitivo o che non risponde alla
radioterapia. I risultati precoci sembrano simili a quelli
della radioterapia, ma è necessario un lungo follow-up
per definire il reale valore del trattamento.
L´incidenza di disturbi erettili può arrivare al
40-70%. Si tratta di una terapia considerata prevalentemente
"di salvataggio", poichè esiste il rischio di fistole
(anomale comunicazioni) con il retto.
Ancora preliminare è l´esperienza con onde ad
alte frequenza per il trattamento del caricnoma prostatico.
Dopo l´eventuale fallimento di una radioterapia, una
prostatectomia radicale può essere tentata, ma le
alterazioni locali indotte dalla radioterapia aumentano
notevolmente il rischio di incontinenza urinaria.
Terapia ormonale
Sebbene gli effetti della deprivazione degli ormonimaschili
sul cancro prostatico siano ben conosciuti, la terapia
ormonale non è un trattamento curativo definitivo per
il tumore prostatico, e deve essere piuttosto considerato un
approccio palliativo, in pazienti metastatici o molto avanti
negli anni.
La terapia endocrina con estrogeni è quasi del tutto
abbandonata per i significativi effetti collaterali sul
sistema cardiovascolare.
Sono disponibili diversi farmaci per l´inibizione del
testosterone. La classe principale è quella degli
analoghi dell´ LHRH (Leuprolide, Goserelin, Buserelin,
Triptorelin). I farmaci sono disponibili per somministrazioni
trimestrali. Di solito il trattamento ormonale è ben
tollerato. Il maggior effetto collaterale della terapia
è l´impotenza. Altri possibili effetti
collaterali di quella che in effetti è una castrazione
chimica sono cambiamenti dell´umore, "vampate" simili a
quelle della menopausa femminile, disturbi della
mineralizzazione ossea. Altra classe di farmaci usati
frequentemente nel trattamento ormonale sono gli
antiandrogeni, come la flutamide, la bicalutamide, la
nilutamide, il ciproterone acetato. Alcuni autori hanno
proposto il trattamento ormonale del carcinoma prostatico con
antiandrogeni come monoterapia. Il principale vantaggio
e´ che per alcuni farmaci gli effetti collaterali sulla
potenza sessuale sono significativamente minori. Tuttavia il
trattamento del carcinoma prostatico con antiandrogeno come
singolo farmaco non è considerato standard.
L´associazione tra analoghi dell´LHRH ed
antiandrogeni (blocco androgenico totale) è ancora
dibattuta. Alcuni lavori hanno dimostrato un significativo
aumento della sopravvivenza media di 7 mesi, in pazienti
trattati con blocco totale rispetto a quelli trattati con
soli analoghi. Recentemente, una revisione della letteratura
sull´argomento ha posto in dubbio tali risultato e la
questione resta aperta. Uno studio della prestigiosa EORTC ha
dimostrato che non esiste un vantaggio scientificamente
dimostrabile nell´aggiunta di un antiandrogeno alla
terapia ormonale con analogo dell´LHRH.Di recente
è stata proposta la terapia ormonale intermittente. Il
razionale è evitare la selezione naturale di cloni
cellulari ormono-resistenti con sospensioni intermittenti del
trattamento.
Sono necessario studi randomizzati e a lungo termine per
evidenziare l´efficacia di tale approccio
terapeutico.
L´associazione del trattamento ormonale con quello
radioterapico sembra migliorare i risultati di sopravvivenza
nel tumore prostatico localmente avanzato. Di
solito la terapia ormonale è riservata a pazienti con
malattia metastatica o non altrimenti curabile, o dopo la
recidiva di malattia dopo radioterapia o chirurgia radicale,
oppure in pazienti anziani.
Quando viene diagnosticata una malattia metastatica, il
trattamento ormonale precoce ritarda la progressione di
malattia e prolunga la sopravvivenza, rispetto al trattamento
tardivo (al sorgere di malattia sintomatica). E´ invece
incerto se la terapia ormonale debba essere somministrata
alla diagnosi di un carcinoma localizzato in un paziente
anziano. Sembra infatti, sempre da studi dell´EORTC,
che in questo caso la terapia precoce non presenti
significativi vantaggi rispetto a quella effettuata alla
progressione sintomatica di malattia.
Come tratto il cancro prostatico
Considero la prostatectomia radicale la migliore
terapia per ottenere la guarigione definitiva nel carcinoma
prostatico intracapsulare. In pazienti che abbiano meno di 71
anni dieta´,e con Gleason score maggiore di 5,
purchè l´estensione di malattia non sia minima,
la prostatectomia radicale è la mia prima scelta. In
pazienti tra i 71 ed i 75 anni di età, la
prostatectomia radicale può essere consigliata con un
Gleason score elevato (8-10), in quanto se la malattia non
è trattata può manifestare una progressione a
5-8 anni.
In pazienti con Gleason score di 5, con tumore più
grande di 1 cc. localizzato alla prostata , riserverei la
prostatectomia radicale in pazienti più giovani di
60-65 anni e sarei conservativo in pazienti di età
maggiore, in quanto le probabilità di evoluzione di
malattia sono piuttosto limitate. A mio parere tali pazienti
vanno seguiti strettamente per evidenziare se la malattia
tende ad essere evolutiva o se ha un comportamento biologico
"torpido"
Quando il tumore prostatico è ancora localizzato, la
radioterapia è riservata a pazienti di età
superiore a 75 anni, oa pazienti di età tra 71 e 74
con Gleason inferiore ad 8, o a pazienti con malattia oltre
la capsula, in cui le probabilità di cura con la
prostatectomia sono molto basse.
Pazienti che vogliano conservare quanto più possibile
l´erezione spontanea, possono decidere di scegliere
comunque la radioterapia, dopo essere stati ben informati su
vantaggi e svantaggi di tale trattamento. La
terapia ormonale è la mia scelta per la malattia
già metastatica o per pazienti di età molto
avanzata che non sopporterebbero gli effetti della
radioterapia. La terapia ormonale con analoghi
dell´LHRH va cominciata subito in pazienti con malattia
avanzata, ma può essere rimandata nel tempo in
pazienti con malattialocalizzata in fase iniziale.